La storia di Ala è abbastanza complessa e varia e può risultare difficoltoso ripercorrere da vicino ogni tappa del suo cammino. E' certo che la sua posizione geografica ha influito notevolmente in ogni sua vicenda storica.
Nel momento in cui si consultano i documenti relativi al periodo più antico della storia di Ala, una prima domanda viene spontanea: Ala apparteneva al territorio veronese oppure a quello trentino?
Alla luce anche di recenti studi e scoperte, si può affermare che Ala dal periodo romano fino al XV secolo è rimasta costantemente legata al mondo veronese, economicamente e politicamente.
Ala si trova infatti nella parte terminale della Vallagarina, in una zona cuscinetto, avente da un lato gli sbocchi delle valli alpine e dall'altro le pianure veronesi e padane: in ogni tempo è stata zona di transito importante, per gli scambi tra Italia e regioni germaniche, per il passaggio di eserciti, di ritirate o campagne d'attacco. E' situata a fianco del fiume Adige, nel passato importante via commerciale ed è spesso stata zona contesa per le sue caratteristiche strategiche militari.
Le prime abitazioni sembrano essere sorte verso il 100 a C. come presidio militare nella parte alta di Ala (Tovo ed Acquedotto) dal console romano Lutario Catullo, che nel 101 inseguì i Cimbri sconfitti attraverso la via Claudia Augusta (attuale valle Lagarina).
Il nome Ala può derivare da alcune supposizioni, alcune supportate e documentate, altre di carattere più leggendario: la prima è che derivi dalla parola Halla (che poi col tempo si trasforma in Hala, Alla, Ala) termine che deriva dal tedesco Hall, cioè magazzino per merci, struttura esistente senz'altro in un luogo di transito e di sosta. La seconda ipotesi (di epoca romana) è che Ala derivi da "ala exercitus ", secondo quanto la tradizione ci ha sempre insegnato. Ed anche questa possibilità è avvalorata dalla sua importante posizione strategica e documentata su antiche carte geografiche: a circa metà strada fra Verona e Trento si trova " ad Palatium ": zona di sosta e presidio romano.
Scarse sono le notizie di Ala in questo periodo; in un documento del 814 si trova per la prima volta il nome di Ala, il quale stabiliva i confini sui monti Lessini con i possedimenti del Monastero di S. Maria in Organo di Verona.
Dell' 881 è la questione della Villa Asiana, della quale Trento e Verona si contendono la giurisdizione, ma non si sa se la Villa Asiana fosse Ala oppure Villalagarina. Questa contesa conferma comunque che sui confini tra i territori delle due città vi erano dei dubbi.
castello dei Castelbarco
Nel 1204 le guerre fra il principato ed i Castelbarco vennero a cessare e fu stipulata la pace tra Verona e Trento in " Alae in Carrubbio, l'attuale quadrivio di piazzetta Cantore.
Nel corso del XIII secolo Ala risentì di un generale movimento di espansione economica e vi fu un notevole aumento demografico: i suoi abitanti, i "vicini ", erano organizzati in "comunitas" ed aspiravano ad una certa autonomia economica ed amministrativa; si riunivano in " publegum" (assemblea) e nominavano
un loro rappresentante e due funzionari: un "saltaro" e "un waldemanno ", che avevano da amministrare e controllare prati e boschi. Nel 1171 ad Ala viene nominato un " gastaldione" (giudice), Giovanni di Ala, alle dipendenze del principe vescovo di Trento.
La " comunitas Alae" si regolava secondo dei princìpi e delle norme che già dal 1300 vennero trascritti in forma di Statuto o carta di regole. A noi non è pervenuta questa prima stesura scritta, ma altre, redatte dai governi seguenti (Veneziani XV sec. - casa d'Austria XVI secolo).
Al posto del sindaco, degli assessori e dei consiglieri, c'erano il vicario, i massari ed i procuratori, cariche affidate alle famiglie più ricche. L'attuale sede municipale fu costruita nel 1829, dove prima sorgeva la " domus comunis ".
La struttura urbana di Ala risale a questo periodo, con le sue vie strette e tortuose e le piazze irregolari. Come tutte le città medioevali, anche Ala si sviluppò secondo una pianta spontanea, non preordinata, seguendo la conformazione del terreno e le esigenze degli abitanti. La città era a misura d'uomo e la vita ed il lavoro si svolgevano nelle strade e nelle piazze, in forme molto più comunitarie di oggi.
Nella Villalta, dopo la distruzione del castello, il centro del potere era la piazza: qui i "vicini" si incontravano con i rappresentanti del potere feudale e vescovile. La piazza di S. Giovanni, invece, ospitava le riunioni vicinali; qui c'erano la " Ecclesia cum Hospitale (chiesa e ospizio) Sancti Johannis" (nominata per la prima volta nel 1342); i cittadini vi costruirono la " domus comunis ", nominata per la prima volta nel 1333. Già da allora quindi la piazza era il centro politico e religioso della città.
Il Carrubio, altra piazza medioevale importante, era nella parte più bassa della città (ora piazzetta Cantore): questa zona da sempre ha avuto una funzione commerciale e di transito, essendo posta sulla strada principale da Trento a Verona e vicino al ponte sul torrente Ala. L'acqua era l'importante supporto di attività artigianali, agricole e commerciali: si può dire che gli antichi alensi lavoravano qui, nella zona che poi ingrandendosi diventò la "Villa nova" (fine XIV secolo) e abitavano invece nella parte più alta del centro, la ViIlalta, più sicura e riparata da ogni pericolo.
Il nucleo urbano aveva, oltre ad una difesa naturale, rappresentata dal colle di San Martino, dal torrente Ala e dal monte Corno, delle strutture difensive artificiali verso sud: le " bastite ", costruzioni in legno a forma di torre, da cui deriva il nome ancora usato di Bastie, ed una torre, nel recinto delle Bastie, in fondo alla via omonima. Dal 1200 al 1400 Ala è quindi ancora un piccolo borgo e sono anni oscuri e difficili per la popolazione: contrasti territoriali fra le famiglie feudatarie, eserciti che percorrono la valle, nel 1301 viene incendiato l'abitato, nel 1348 una terribile pestilenza che dimezza la popolazione ed, in quanto a legge, vigeva quella del più forte.
I VENEZIANI AD ALA (1411 -1509)
Si deve ricordare che la Vallagarina aveva per i Veneziani una importanza soprattutto strategica e militare, costituendo un baluardo dei domini che essi stavano estendendo sulla terra ferma.
Venezia fu impegnata durante tutto il secolo in lotte continue contro i Visconti, contro gli imperatori tedeschi, contro i feudatari ribelli che volevano riconquistare le loro terre e si appoggiavano al Principe Vescovo di Trento.
Tali lotte portarono pesanti conseguenze sull'economia dei centri rurali, i quali dovevano contribuire con uomini e mezzi al sostentamento degli eserciti.
Basta un dato per avere un'idea di quale fosse la situazione di Ala: la popolazione si era ridotta notevolmente rispetto al periodo medioevale; in un documento del 1479 si dice che la villa era di "fuochi " 62; quindi una popolazione di cittadini "tereri" di circa 500 - 600 persone.
In compenso i documenti del tempo rivelano che era in aumento notevole la classe dei forestieri "foresi"; gli abitanti locali, dediti alle attività tradizionali e sottoposti fino a poco tempo prima ad un regime feudale, non avevano né capitali, né mentalità imprenditoriale; i forestieri, veneti in stragrande maggioranza, si trasferjvano ad Ala, attirati da attività economiche, quali il commercio del legname o per ricoprire cariche pubbliche (vicari).
La Villalta continuò a mantenere la sua caratteristica fisionomia medioevale; la Villanova era destinata invece ad ospitare quella nuova classe di forestieri che importarono qualche novità costruttiva e stili-stica: è in questo secolo che famiglie quali i Taddei, i Malfatti, i Burri costruirono i primi nuclei di quelli che poi diventarono palazzi più importanti.
Le case vennero innalzate nelle piazzette della Villa Nova con elementi architettonici quali il portico e la loggia, destinati da evolversi e fissarsi nell'architettura successiva.
In un documento del 1448 per la prima volta viene nominata la Roggia; essa aveva una funzione importantissima per l'economia di Ala: sul suo corso si trovavano "molini, fosine, foloni" e numerosi prati e orti che venivano irrigati con le sue acque.
L'economia quindi era prevalentemente agro - silvo - pastorale con solo un po' di commercio di legna e cereali, tramite zattere, col territorio veronese. Per opera dei Veneziani viene importato l'allevamento del baco da seta (i primi gelsi furono piantati nella località Caigole) e la coltivazione del granoturco e del tabacco. Ne derivò un certo benessere ed infatti, nei secoli seguenti nacque il detto : "Quando S. Marco comandava, si beveva e si mangiava".
Da questo momento Ala entrò nell'orbita austriaca e vi restò fino alla prima guerra mondiale.
Il Cinquecento è il primo secolo dell'età moderna e vede evoluzioni profonde nel campo dell'economia, della società, dell'organizzazione politica. Il mondo feudale scompare e lascia il posto ad una società più moderna, nella quale la borghesia ha un ruolo notevole.
Le attività produttive e commerciali si sviluppano sempre più, avvantaggiate da una situazione più solida: i Vicariati infatti durante il '500 stanno in un primo tempo alle dirette dipendenze degli imperatori d'Austria, Ala torna alle dipendenze della famiglia Gresta - Castelbarco e poi in feudo ancora ai principi vescovi di Trento.
Nei primi decenni del nuovo dominio tedesco Ala si riorganizzò, cercando di riprendersi dagli enormi danni subìti durante la guerra di Cambrai.
In questi anni si vive però un periodo di brigantaggio, notizie pervenute per merito del cronista alense padre Gregorio Gattioli.
Furono anni di furti, ricatti, vendette, omicidi causati in parte dall'odio fra famiglie di maggiorenti, ma soprattutto dall'esistenza di bande di briganti sui monti Lessini. L'ignoranza e la superstizione regnavano sovrane. Basta menzionare questi due episodi: una certa Pomera di Ronchi nel 1635, per i suoi cattivi costumi, fu accusata di stregoneria, chiusa nella sacrestia di S. Giovanni, torturata con corda e " foco alli piedi ", fu lasciata morire come un cane. Qualche decennio dopo, una certa Toldina di Pilcante, giudicata dal tribunale malefica, fattucchiera, strega, adultera, infanticida, dopo la prammatica tortura, tradotta a dorso di mulo ed arsa viva in un barile di pece nel Palù di Brentonico alla presenza di gran folla!
1510 - 56 "voci" presenti a riunione vicinale su 74 aventi diritto
1511 - i forestieri sono la terza parte dei cittadini
1535 - 130 cittadini - si tratta sempre di capifamiglia 50 famiglie forestiere
1539 - sulla rubrica dell'Estimo sono segnate 199 famiglie
Verso la metà del secolo gli abitanti di Ala erano 1000/1200.
In seguito anche l'amministrazione locale riacquistò maggior potere politico.
Vari ne furono i motivi: i cittadini forestieri, di fronte ad un cambiamento di potere, in parte lasciarono le loro proprietà e se ne andarono, in parte chiesero spontaneamente di entrare a far parte della cittadinanza. Immediatamente dopo la sconfitta veneta crebbe notevolmente il numero dei "vicini".
La comunità compilò successivi "estimi", elenchi e stime dei beni di ogni famiglia residente, per imporre le tasse proporzionalmente al reddito di ognuno; i forestieri non erano esentati dal pagamento di imposte e così venivano superati i loro privilegi ed i contrasti che ne erano nati con i cittadini.
Parallelamente al ripristino dell'autorità politica comunale, vi fu una ripresa economica, appoggiata soprattutto dai Madruzzo e basata sulla coltivazione del gelso e la filatura della seta. Già alla fine del '500 ad Ala c'erano tre o quattro filatoi e l'attività aveva raggiunto una certa consistenza, tanto che il comune aveva emanato disposizioni igieniche in proposito.
Ma è nel XVII secolo che l'attività si amplia, con l'inizio della tessitura della seta e la fabbricazione dei velluti. Tale attività economica cambiò l'aspetto, anche esteriore, di Ala; attirò molte famiglie da altri luoghi, fu la fortuna economica di molti locali; l'incremento demografico diede impulso ad altre attività collaterali; la società divenne più varia e più ricca di fermenti, anche nell'ambito culturale; l'agricoltura ricevette incremento e venne curata maggiormente, per le accresciute esigenze della popolazione.
La crisi produttiva e commerciale che in questo periodo si era diffusa in tutta l'Italia non interessò Ala, che era anzi avvantaggiata dalla mancata concorrenza; godeva di una posizione privilegiata sui mercati europei per la sua appartenenza ai territori asburgici ed i conseguenti rapporti frequenti con il centro Europa.
Proprio in questo periodo, e precisamente nel 1657, si narra che due profughi genovesi, giunti casualmente nella Vallagarina per evitare il contagio dalla peste, conobbero l'arciprete Alfonso Bonacquisto che propose loro di stabilirsi ad Ala (a fianco l'immagine dello storico incontro) per esercitare la professione di tessitori di velluto, arte nella quale erano abilissimi maestri. Poiché mancavano i necessari attrezzi, alcuni cittadini di Ala si recarono a Genova per procurarseli, sfidando ogni pericolo (viaggi del genere all'epoca erano quasi sempre un'impresa) compreso quello della pena capitale prevista dalla legge per chi esportava l'arte dei velluti. Nel frattempo i due genovesi approntarono le macchine necessarie e, in 2 stanze messe a disposizione da Giovanbrunone Taddei, sorse la prima fabbrica di velluti, che diede poi il via ad un fiorente artigianato e commercio che rese Ala famosa in Europa.
Altre case, un tempo filatoi e poi ristrutturate, sono le odierne case Cutrì e Tognotti in Via Teatro, l'Albergo Passo Buole e le case ai Folloni.
Nel corso del XVII sec. Ala si estese soprattutto verso lo "Spiazzo" ad ovest delle Bastie; le contrade "Gattioli", "ala crosera" e "Casai" collegavano così il centro più antico con la nuova chiesa dei Padri Cappuccini, sorta nello "Spiazzo" tra il 1608 e il 1610, che fungeva da nuovo polo di attrazione dello sviluppo urbano. Tutto il quartiere Berti, tra la Roggia e Via VelIutai, venne ricostruito dopo la peste del 1630 e lungo la via Nuova si intensificano le costruzioni.
Proprio in occasione della peste vennero diramate diverse disposizioni igieniche e vennero spesso nominate nei documenti le porte di Ala, che dovevano avere la funzione di tenere lontano dalla città chiunque potesse portare il contagio: veniamo così a conoscenza della esistenza della Porta di S. Colombano, sul Sentarolo, della Porta di S. Caterina, della Porta Rozza, in fondo alla contrada dei Ferrari (dove ora sorge la Cassa Rurale), della Porta dell'Acqua, adiacente alla chiesetta di S. Giovannino, della Porta da Pedemonte, nominata già nel XV secolo in Via Zigatteria e della Porta Italia sullo " Spiazzo ".
Non solo i privati contribuirono a dare un nuovo aspetto alla cittadina: il comune ristrutturò la sala per le riunioni; la chiesa di S. Maria fu completamente ricostruita ed al suo fianco sorsero il campanile, ad opera del comacino Domenico Bianchi, e la nuova canonica (fine dei lavori nel 1670). La chiesa di S. Giovanni fu restaurata a metà del Settecento ed abbellita internamente con pale ed arredi.
Nel 1740 era pressoché ultimata la chiesetta di S. Giovannino e per rendere migliore l'ingresso in città da questo lato, il comune ricostruì il ponte sul torrente Ala, sostituendo alla vecchia costruzione in legno una in pietra (1659). Le fornaci che rifornivano i materiali da costruzione erano situate al di là del ponte (Via Fornaci e Via S. Martino).
Nel corso del Settecento le strade principali vennero acciottolate e spesso vennero rinnovati i ponti sulla Roggia "Pontiello" presso l'odierno Caffè Commercio; vi era una cura particolare per l'uso ed il mantenimento di questo manufatto, documentata da vari provvedimenti di carattere igienico, oltre che restaurativo.
L'acqua potabile, che fino ad ora veniva attinta nella parte più a monte del corso d'acqua, venne in questo periodo portata all'interno del paese con le fontane della Canonica, di Villalta, Piazza S. Giovanni e Via Torre; più tardi vennero rifornite anche la Villanova, con la fontana del Mosè (1761) e quella di Piazzetta Taddei (fine '700). Per il convento dei Padri Cappuccini esisteva un acquedotto che partiva dal mulino Poli (ora Leonardi) ed attraversava tutto il centro.
La prima organizzazione del genere venne costituita nel 1687, col nome di "Arte dei Tessitori" e con uno Statuto di 9 capitoli: si trattava di un'associazione a carattere religioso, una specie di Pia Confraternita tra dirigenti e lavoratori, con l'accordo di innalzare un altare a S. Lucia, nella chiesa di S. Maria.
Aderivano all' "Arte" 50 tessitori che lavoravano per 7 padroni diversi. Nei primi anni del Settecento l'accordo fra "Artieri" e "Fabbricatori" si ruppe e vari documenti e proclami testimoniano, da una parte la volontà di legare gli "Artieri" al loro datore di lavoro e il divieto espresso di abbandonarlo per cercare un nuovo impiego, dall'altra l'affermazione della propria libertà di scelta e la richiesta di più alti compensi. Nella controversia fra "Artieri" e "Fabbricanti" intervenne anche il Consiglio Civico, per determinare il "limite equo delle mercedi" alla tessitura dei vari tipi di velluti ed agli altri lavori attinenti.
Nel 1747 ad Ala c'erano 15 fabbricatori e 171 tra lavoranti e garzoni. Nel 1757 G. Garavetta fondò una nuova società tra commercianti della seta e dei velluti, per regolare con norme generali la produzione, la qualità, i prezzi: il "Negozio Patrizi e Compagni" si incaricava di comperare tutti i velluti dei soci aderenti e di venderli direttamente, controllava l'addestramento dei garzoni e stabiliva quali attrezzi dovevano essere usati; vi aderirono 20 fabbricanti di Ala con 131 telai ed altri di Avio e del Vo'.
Nel 1772 i fabbricanti erano ridotti da 33 a 13, molti artisti emigrarono per cercare lavoro, soprattutto verso Vienna; molte famiglie ricche andarono in rovina e la disoccupazione divenne imponente (tre quarti della popolazione senza lavoro).
Una breve ripresa si registrò dal 1783, anno in cui Giuseppe II acconsentì a ridurre il dazio, fino al termine del secolo, quando la guerra tra Francia ed Austria fece nuovamente segnare il passo.
Anche l'Amministrazione Comunale dimostrò in questo periodo vitalità ed intraprendenza: appare spesso nei documenti quale intermediaria nelle contese fra fabbricanti ed artisti, cercò di adeguare il centro urbano alle nuove esigenze ed alla nuova dignità, fondò un Ginnasio e il Santo Monte di Pietà, intervenne nei momenti di crisi dell'industria, emanò varie disposizioni di ordine pubblico e di carattere igienico riguardanti l'allevamento dei bachi, l'uso della Roggia, la mantutenzione di strade e altre opere pubbliche; nel 1788 venne pure fondato l'Ospedale, situato nella parte più alta del Tovo.
Il Trentino subì nei primi anni dell’Ottocento trasformazioni epocali, che ne cambiarono completamente le prospettive: fu conquistato dai Francesi una prima volta nel 1796, una seconda volta nel 1797, una terza nel 1801; nel 1802 vide la fine del centenario principato-vescovile di Trento; nel 1803 fu occupato dagli Austriaci e considerato parte della contea del Tirolo; nel 1805 fu annesso al nuovo regno di Baviera, che si era schierato dalla parte di Napoleone. Il governo bavarese introdusse innovazioni che, se da un lato urtarono la sensibilità dei locali, dall'altro instillarono nuovi fermenti libertari e tendenze modernizzatrici, che avranno poi modo di manifestarsi nel corso dell'Ottocento, sia nei confronti del governo asburgico, sia nell'ambito delle varie amministrazioni locali. Nel 1809 una nuova guerra scoppiata tra Francia e Austria, che aveva attaccato la Baviera, ed una nuova coscrizione obbligatoria provocarono l'insurrezione generale; Trentini e Tirolesi si ribellarono contro il governo bavarese, affermando la propria autonomia. Alla fine di questa guerra, nel 1810, il Tirolo meridionale, nel quale erano inclusi i Vicariati, venne ceduto a Napoleone e aggregato al Regno Italico. La soppressione dei confini verso sud ebbe positive conseguenze per i rapporti commerciali e culturali con l’Italia e rafforzò il sentimento di appartenenza italiana.
Napoleone Bonaparte pernottò ad Ala il 3 settembre 1796 a Palazzo Pizzini, durante la campagna contro gli Austriaci.
Nel 1814 il Trentino passò nuovamente agli Austriaci: iniziò così il periodo della restaurazione, che costituì per le nostre zone una fase abbastanza tranquilla, nonostante la politica repressiva e contraria al principio di nazionalità del governo austriaco; solo poche persone colte si occupavano della questione nazionale e la gran maggioranza della popolazione aveva voglia di pace, dopo tante guerre. La valle dell’Adige, del resto, unica via di rifornimento e rinforzo delle truppe austriache stanziate nei possedimenti italiani del Lombardo Veneto, era molto ben controllata e scarse erano le possibilità di ribellione e di moti carbonari. Il Trentino venne organizzato amministrativamente in due Circoli (di Trento e di Rovereto), retti da un capitano circolare dipendente direttamente dalla capitale della provincia del Tirolo, Innsbruck; i Circoli erano divisi in Giudizi Distrettuali; il Circolo di Rovereto ne comprendeva 14, tra cui quello di Ala, che aveva giurisdizione sulla Valle Lagarina.
Nei primi anni del secolo i nuovi governi introdussero numerosi provvedimenti innovativi. La riforma amministrativa portò alla separazione del potere giudiziario da quello politico (1807 - Nuovo regolamento giudiziario) e i nuovi vicari non presiedettero più la comunità, a capo della quale vennero eletti invece dei "Presidi", gli attuali sindaci.
Tra i numerosi provvedimenti innovativi ricordiamo in particolare la coscrizione obbligatoria, la vaccinazione antivaiolosa, l'abrogazione delle "regole" e delle autonomie locali, la soppressione dei conventi e delle congregazioni religiose, l'eliminazione dei privilegi e l’abolizione nel 1810 della signoria feudale dei quattro Vicariati.
Anche il settore della seta e le industrie di velluti di Ala registrarono una netta ripresa, dopo il lungo periodo di crisi tra gli ultimi decenni del '700 e i primissimi anni dell'800, raggiungendo già nel 1814 i livelli dell'anno 1765.
L'unione con il napoleonico Regno d'Italia fu determinante: la nuova fabbrica Debiasi, ad esempio, lavorava velluto bianco detto alla "reine" per il Vicerè; la tradizione racconta che per conservarne la candidezza, i telai venivano foderati di carta e il tessitore si lavava spesso le mani nell'acqua di crusca. Anche con il ritorno, nel 1814, sotto il governo austriaco lo sviluppo continuò per le facilitazioni nel commercio concesse ai velluti di Ala. I nuovi imprenditori introdussero innovazioni, lavorando con sete più sottili, producendo velluti operati e jacquard; alcune ditte, come quella dei Bracchetti e quella dei Malfatti, raggiunsero dimensioni notevoli, concentrando i telai in appositi stabilimenti.
Nel 1859 e successivamente nel 1866, quando la Lombardia e il Veneto furono annessi al regno d'Italia, iniziò un periodo di profonda crisi e poi di trasformazione economica. Il settore della seta e dei velluti subì un calo improvviso; ebbe una nuova breve ripresa fino agli anni '80 ed infine una profonda crisi lo ridusse drasticamente. La scadente qualità dei gelseti locali, la concorrenza delle sete orientali e della produzione francese, gli alti costi del lavoro, aggravati dalla legislazione sociale austriaca particolarmente esigente, che stabiliva previdenze a favore degli operai e limiti precisi nell'orario di lavoro, furono tutti elementi che concorsero alla crisi. A proposito dell'avanzata legislazione sociale è senz'altro da ricordare che ad Ala nel 1843 e ad Avio nel 1879 sorsero le prime Società di Mutuo Soccorso per tessitori e artigiani, uno dei primi esempi di associazione a scopo essenzialmente assistenziale.
Rispetto al panorama generale di crisi del Trentino, la nostra zona presentava però alcuni aspetti peculiari che mitigarono le conseguenze negative delle guerre d’indipendenza italiane. La costruzione della ferrovia tra gli anni 1859/66 si dimostrò un elemento che mutò radicalmente sia il sistema dei trasporti, sia la struttura economica complessiva, dando impulso al turismo, al commercio e al terziario.
In particolare Ala, divenuta sede della stazione ferroviaria internazionale, sembrava costituire un’eccezione nella Vallagarina; tutti i treni austriaci e italiani vi facevano sosta; passeggeri e merci erano sottoposti a controlli e formalità di tipo doganale, sanitario, veterinario, fiscale e alle operazioni di rispedizione a cura delle amministrazioni ferroviarie dei due paesi. La stazione era molto estesa: dalla zona di San Pietro in Bosco alla attuale Sottostazione Elettrica presso Pilcante era tutto un susseguirsi di grandi piazzali per i binari e gli scambi, depositi per locomotive, officine, cataste di carbone, fabbricati di servizi per i viaggiatori, magazzini di merci, posti di gendarmeria italiani e austriaci; presso la stazione c'erano le case di spedizione e gli alberghi, in centro negozi e attività artigianali di ogni tipo.
La popolazione del Trentino ebbe nella prima metà dell’Ottocento un moderato incremento, nonostante alcune epidemie di vaiolo e di colera, che fecero molte vittime. Nella seconda metà del secolo, dopo un periodo di lenta crescita, il fenomeno dell’emigrazione provocò un calo della popolazione, soprattutto nelle zone rurali e montane. La crisi demografica si acuì negli anni '80, con le inondazioni dell'Adige e il momento più grave della depressione economica: negli anni dal 1870 al 1887 23.846 trentini, soprattutto contadini, emigrarono in cerca di lavoro e di una vita migliore. La costruzione della ferrovia fu invece un fattore decisivo per l'aumento della popolazione nella seconda metà dell'800 nella zona di Ala; dopo il periodo di stasi per la crisi della produzione di velluti serici, essa subì un'impennata decisa per l'arrivo di molti forestieri, finanzieri e funzionari, italiani e austriaci, commercianti. La cittadina ferveva di vita e attività.
Ala in particolare stava diventando sempre più importante, quale nodo ferroviario internazionale e sede delle dogane italiana e austriaca. Molti impiegati, attirati dalle nuove strutture, ebbero grande difficoltà a trovare un alloggio nel centro, nonostante la ristrutturazione e trasformazione in appartamenti di molti edifici adibiti precedentemente all'industria serica. Furono anche fabbricate alcune case in periferia, cosa resa possibile dalla costruzione di un nuovo serbatoio d'acqua, ma le contrade più antiche del centro storico rimasero molto sovraffollate. Il benessere economico contribuì tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX al nascere di una ricca borghesia, che fece costruire parecchie ville signorili e alberghi. Anche l'edilizia artigianale registrò un notevole incremento in questo periodo: parecchi magazzini vennero costruiti nella periferia di Ala e due fornaci ai Baitani. La carenza di alloggi rimase una costante di questo periodo e fu accompagnata da un aumento del loro valore; il prezzo di una casa dei quartieri signorili dal 1867 al 1880 era addirittura raddoppiato. Nel 1909 venne emanata una legge che prevedeva mutui a favore di consorzi per case popolari, ma essa non contribuì a rimuovere il ristagno edilizio della città.
Maggiori attenzioni erano riservate all'aspetto esteriore delle case e alle strade, che dovevano sopportare una quantità sempre maggiore di traffico. Mentre nelle epoche precedenti la strada era stata luogo di incontro e di vita quotidiana, con l'introduzione dei nuovi mezzi di trasporto e l'intensificarsi delle comunicazioni, era considerata ora solamente luogo di passaggio: le facciate delle case dovevano quindi essenzialmente fungere da quinte e colpire favorevolmente il passante. I criteri a cui l'edilizia pubblica e privata doveva uniformarsi erano quelli della "simmetria", della "classicità", del "decoro" e della "pulizia"; venne istituita una Commissione d'Ornato, con compiti di controllo e proposta in ambito edilizio.
Le strade principali furono oggetto di particolari cure ed attenzioni e vennero provviste di "trottatoie", due file di lastroni di granito posti al centro delle strade acciottolate, per rendere più comodo il percorrerle. Un "regolamento di polizia stradale" stabiliva che bisognava "togliere di mano in mano l'inconveniente delle gronde" che gettavano "l'acqua piovana apertamente sulla strada". Tra gli anni 1840 e 1844, vennero effettuati parecchi lavori di arretramento delle facciate delle case prospicienti la via Nuova ad Ala, rendendo così più veloce e agevole il transito del mezzi di trasporto. La costruzione della ferrovia (1856/66) impresse un ritmo diverso alla vita cittadina ed una nuova direzione allo sviluppo urbano. Iniziarono ad assumere nuova importanza le vie di collegamento tra stazione ferroviaria e centro abitato, che si diramavano dalla Bocca d'Ala (inizio attuale via Malfatti) e dallo Spiazzo, ora piazza Giovanni XXIII, che assurse a nuova dignità quando, nel 1837, venne spianato e trasformato in parco; nel 1863 vi furono piantati i platani "onde armonizzare il pubblico passeggio"; nel 1869 vi vennero anche installati dei fanali, "per illuminare il passeggio in estate". La "strada sotto l'Orbia" (ora Viale 4 Novembre) iniziò ad essere considerata parte integrante del centro urbano ("di pertinenza della nostra città stessa") e venne da allora sottoposta alle prescrizioni edilizie e di ornato. Il problema dell'acqua potabile con erogazione continua fu risolto nella seconda metà del secolo con la costruzione del nuovo acquedotto (progetti del 1841/1848). I vecchi tubi di legno, che conducevano in città l'acqua potabile dell'Altarello e del torrente Ala, vennero sostituiti con tubi in pietra e la potabilità dell'acqua venne assicurata con vasche di decantazione.
Molte cose cambiarono in funzione del traffico e naturalmente i mutamenti interessarono i percorsi e gli spazi più usati: la "Contrada Via Nuova" (1822), poi Via Nuova (1870), la Piazzetta dei Caffè o del Mosè, lo Spiazzo dei Cappuccini. " lavoro principale infatti fu l'allargamento e il raddrizzamento della strada postale o erariale (Via Nuova), lungo la quale vennero abbattute case sporgenti, rifatti poggioli secondo il nuovo stile, cambiate le porte ad arco con "botteghe all'italiana ", tutto in funzione delle esigenze del traffico e delle nuove attività commerciali. Altri lavori furono lo spianamento e la " squadratura" della piazza di S. Giovanni, con l'arretramento di molte case prospicienti e la demolizione dell'antica sala comunale (1829).
L'antico " spiazzo del Comun ", lembo più meridionale delle Bastie, venne sistemato in questo periodo e d'ora in poi si chiamerà " passeggio pubblico ", comprendendo con questo nome anche l'attuale Viale 4 Novembre; per "amenizzarlo" vi vennero piantati i platani, vi si tracciarono i passaggi stradali principali, vi si collocarono dei "fanali" per l'illuminazione. Dal 1844, data in cui venne qui costruito l'Ospedale, la piazza assunse una nuova importanza; dopo la costruzione della ferrovia, di qui passavano le carrozze che la collegavano con il centro urbano.
Anche i centri di Avio e Sabbionara, pur non avendo le caratteristiche urbane della vicina Ala, assunsero un aspetto più curato e decoroso; alcuni lavori rientravano nella prevenzione di eventi epidemici, che si erano verificati in vari anni della prima metà del secolo. Si curò la distribuzione più capillare e più igienica dell'acqua; i lavori tardarono ad essere realizzati, anche perché il Giudizio Distrettuale di Ala negava il permesso dicendo che il Comune doveva ancora pagare un debito di 40.000 fiorini. Si costruì una cisterna chiusa "al principio della Valle del Castello" dove c'era la sorgente che riforniva le fontane di Sabbionara e furono rinnovati i tubi. Si restaurarono alcune antiche fontane e se ne costruirono di nuove: in tutto ad Avio erano nove ed a Sabbionara cinque, tra cui quelle di Foss, della Via di mezzo, di piazza Campostrino. Vennero costruite due lavarine, che permettevano una più comoda lavatura dei panni, fino ad allora effettuata lungo i corsi d'acqua. L'aspetto della piazza del Campostrino (da "strinare" vagliare il grano) a Sabbionara si trasformò nel corso dell'800, con la costruzione negli anni 1835-1845, vicino a quella antica, della nuova chiesa di S. Bernardino. La piazza, che era sempre stata una zona di campagna periferica, si poteva considerare ormai facente parte del nucleo abitato; nel 1854 un'ordinanza municipale vi vietava lo scarico di materiale.
Un punto del territorio particolarmente importante era il "porto" del Vo', dove un traghetto collegava le due sponde dell'Adige. Il porto e il fiume assumevano importanza strategica soprattutto nei periodi di guerra ed erano sottoposti a stretto controllo; nonostante la sorveglianza di una forza armata formata da quattri "villici", il porto venne bruciato dai Francesi in una delle loro spedizioni; nel 1810 un certo Turrini, traghettatore al Vò - "portener" - ne chiese il ripristino; il primo ponte in legno tra i due Vò fu costruito nel 1874; fino a quell'anno c'era sempre stato solo il traghetto che collegava le due sponde spostandosi con la corda ("regen").
Nel corso dell'800 si cercò anche di irregimentare in modo definitivo le acque dell'Adige (1855/56), per permettere la costruzione della ferrovia. Ma il fiume non era ancora definitivamente domato; nel 1868 vi fu una grande piena e poi nel 1882 la disastrosa inondazione, che provocò tanti danni in tutto il Trentino. In quella occasione l'acqua arrivò sopra al "capitel da le quatro faze", tra Vò Destro e Sabbionara, fino alle "pontere sotto il Campostrino" e distrusse pure il ponte. Venne allora temporaneamente ripristinato il traghetto, fino a che nel 1885, l'ingegner Schenk presentò un progetto per un nuovo ponte in ferro, che venne costruito con una sola pila centrale e una pavimentazione in legno di larice; vi potevano transitare mezzi da due tonnellate.
Questo quadro ottocentesco alense rimase inalterato anche nei primi anni del Novecento, prima dello scoppio della grande guerra. Da un lato proseguirono le attività tradizionali di Ala, dall'altro si potenziarono le strutture ricettive e commerciali; mentre la classe popolare locale e la piccola borghesia forestiera sentivano crescenti le carenze di alloggi, il sovraffollamento, le difficili condizioni igieniche, la ristretta cerchia della borghesia più ricca viveva agiatamente nei palazzi antichi del centro o nelle nuove ville periferiche; l'amministrazione pubblica, dal canto suo, era più attenta alle esigenze formali che alle necessità profonde di tutti i cittadini.
Mentre il panorama trentino in questi primi anni del '900 era caratterizzato da povertà e crisi generale, nella Vallagarina la situazione era meno grave, soprattutto per la presenza ad Ala della dogana internazionale. Il fenomeno dell'emigrazione, molto consistente in altre zone, qui era abbastanza contenuto. Secondo i dati dell'Ufficio per la mediazione del lavoro erano comunque 1500 all'anno gli emigranti dal distretto giudiziario di Ala. Le amministrazioni locali cercavano di migliorare la situazione e di qualificare la manodopera contadina e artigiana, organizzando corsi di informazione e di addestramento in vari settori. Continuarono a sorgere in questo periodo importanti strutture pubbliche o cooperative che testimoniano una certa vivacità economica e culturale: la Famiglia Cooperativa di Pilcante, fondata nel 1905, quella di Ala del 1912; la Mutua Bovini ed Equini ad Avio del1907; la Famiglia Cooperativa di Avio, nata nel 1902, che ampliò il proprio campo d'azione con l'acquisto di palazzo Venturi, la costruzione di magazzini e tettoie, l'avviamento di un forno, della farmacia comunale e del consorzio bozzoli. Furono pure aperti diversi Caseifici sociali.
La situazione politica europea si faceva intanto sempre più tesa. Gli Austriaci costruivano fortificazioni presso il confine con l'Italia. Essi dichiararono guerra alla Serbia il 28 luglio 1914. Il 31 avvenne la mobilitazione generale e la leva in massa di tutti gli uomini tra i 20 e i 42 anni, che furono mandati sui fronti della Galizia e della Serbia. In quel primo anno di guerra, mentre migliaia di trentini combattevano sul fronte russo, venne sostenuta da parte degli irredentisti una accesa campagna interventista. Si svolsero nel corso del primo anno di guerra delle trattative tra Italia e Austria per la cessione del Trentino, senza giungere però ad un risultato definitivo. Tra fine aprile e inizio maggio 1915 l'Italia si legò all'Intesa (Inghilterra, Francia, Russia) con il Patto di Londra e si ritirò dalla Triplice Alleanza (Austria-Ungheria, Germania, Italia).
Il 24 maggio l'Italia dichiarò guerra all'Austria e iniziarono le operazioni belliche. La parte più meridionale della Vallagarina fu subito occupata dall'esercito italiano e la sede del comando militare fu posta nella Villa de Gresti di San Leonardo. Il 27 maggio le truppe italiane occuparono la zona da Borghetto ad Ala e il fronte si spostò più a nord, a Serravalle e a Passo Buole. Il comando italiano stabilì che gli irredenti potevano essere arruolati nell'esercito come volontari. La gente della nostra valle si trovò smembrata e divisa in un esodo senza precedenti, per dimensioni e durata. Tra il maggio e l'agosto 1915 gran parte della popolazione fu costretta ad abbandonare le proprie case: oltre agli arruolati nell'esercito austriaco (in tutto circa 60.000), circa 2000 sospetti politici furono internati a Katzenau; altri andarono volontari in Italia; molte persone, tra cui i parroci, furono arrestate e confinate in Italia o Austria (circa 40.000). I più andarono profughi nelle province asburgiche, nei campi di Braunau e Mitterndorf (70.000), dove vissero in condizioni di segregazione, miseria e mancanza d'igiene, difficoltà di ogni tipo.
Nel 1916 la guerra lampo si trasformò in logorante guerra di posizione; nel maggio la Strafexpedition ricacciò indietro l'esercito italiano fino a che, con la battaglia di Passo Buole, l'avanzata tedesca fu fermata e il fronte si stabilì sulla linea della Vallarsa e sul Pasubio. Su queste montagne tra maggio e luglio morirono 147.730 italiani e 82.815 austriaci. Dopo altri due anni di guerra, il 3 novembre 1918 Trento fu conquistata e venne firmato l'armistizio.
Il dopoguerra fu particolarmente difficile, il ritorno dei profughi fu lento; molti trentini, soprattutto nella così detta "zona nera" meridionale, non trovarono più la casa e dovettero essere ricoverati in baracche. I danni di guerra erano enormi; l'opera di ricostruzione fu lenta e bloccata da mille difficoltà organizzative; la corona austriaca venne svalutata, creando scontento tra chi aveva qualche risparmio da parte; le campagne erano distrutte e così ogni altra attività era interrotta; c'era grande povertà e disoccupazione; si diffusero malattie, tra cui la pellagra. Si alzarono numerose le proteste e le critiche al governo italiano.
Passarono diversi anni prima che la valle iniziasse una vita normale: poi si aprì qualche spiraglio in ambito economico, con la ripresa dell'agricoltura e la nascita di una produzione orto-frutticola, la costruzione nel 1924 ad Ala della Filanda Danese, proveniente da Bussolengo, che occupò diversa manodopera femminile; l'apertura di alcune macere tabacchi, la fabbrica di sedie Badano ad Ala nel 1929, l'apertura della Montecatini di Mori poco dopo. Negli anni '40 venne fondato ad Avio il Consorzio irriguo e la filiale della C.R. di Ala (1939).
Le Casse Rurali aiutarono la ripresa dell'economia, ma negli anni trenta la crisi a livello mondiale giunse anche da noi, provocando la chiusura della Cassa di Avio e la rovina di molti risparmiatori. Resistettero invece quella di Borghetto, fondata nel 1924 e quella di Ala. Con la crisi diminuirono la produzione dei bozzoli e l'allevamento del bestiame, aumentarono i prezzi dei principali prodotti, come il vino, la seta, il bestiame e il legname. Molte industrie chiusero, come la Montecatini di Mori nel 1933 (anche per i danni provocati alla salute di campi e uomini ). Iniziò una nuova fase di consistente decremento demografico e una conseguente nuova esplosione del fenomeno migratorio. La prima guerra mondiale pose fine ad un periodo di espansione economica e demografica che aveva investito Ala e il suo territorio. Ricongiunto il Trentino con l'Italia ed eliminata la stazione internazionale, venne a mancare il supporto su cui si era sostenuta negli ultimi sessanta anni la vita economica e commerciale. La guerra, oltre a lasciare crisi e disoccupazione, diede inizio ad un periodo di decadenza anche culturale ed economica.
Nel 1928 fu avviata una grossa riforma, con la soppressione dei comuni più piccoli e l'accentramento delle funzioni amministrative nei capoluoghi; la "grande Ala" assorbì quindi i comuni vicini, che divennero frazioni. Così avvenne ad Avio. I centri storici non subirono in quel periodo sostanziali mutamenti, se non la ristrutturazione ed il restauro di alcuni edifici; ad Ala fu restaurata la chiesa parrocchiale, lesionata gravemente da una bomba nel 1916, e ristrutturato il teatro sociale.
Il secondo conflitto mondiale provocò un altro grosso sconvolgimento generale; con il passare degli anni di guerra aumentarono i disagi, la stanchezza e l'opposizione al fascismo. La caduta di Mussolini (25 luglio '43) fu salutata in tutto il Trentino con manifestazioni antifasciste. Con l'armistizio dell'8 settembre iniziò però il periodo più difficile della guerra; i soldati tedeschi assaltarono le caserme, uccisero o deportarono molti soldati nei campi di concentramento in Germania; crearono una zona di operazione sotto in diretto controllo tedesco, l'Alpenvorland, che comprendeva le Prealpi con Bolzano, Trento, Belluno. Iniziò per il Trentino un'occupazione non solo militare, ma anche amministrativa ed economica, con un controllo severissimo del territorio e dei confini. A tutto ciò si aggiunsero i bombardamenti degli alleati, che fecero sfollare la popolazione dai centri abitati; molti si rifugiarono nei masi sulle pendici delle montagne attorno ad Ala, oppure in rifugi provvisori, al riparo delle rocce, lungo il torrente Aviana.
In questo ultimo periodo di guerra la popolazione, non solo costituì forme organizzate di resistenza, ma spesso si prodigò in modo personale in numerosi episodi di solidarietà; ad esempio c'era chi si recava presso i vagoni dei treni diretti ai campi di concentramento in Germania, che sostavano alla stazione di Ala, e raccoglievano i messaggi dei prigionieri, mettendosi poi in contatto con le loro famiglie. Tra il materiale del Museo Civico "L. Dalla Laita" esistono diverse testimonianze di questa "corrispondenza minore".
Più conosciuto è l'episodio di don Domenico Mercante, parroco di Giazza, catturato da una pattuglia di SS durante la ritirata e condotto attraverso la Valle di Ronchi ad Ala; qui, nella località S. Martino, il comandante tedesco decise di liberarsene e ordinò di fucilarlo; ma un soldato rifiutò, come cattolico, di sparare al sacerdote e venne allora ucciso assieme a lui.
In questi ultimi decenni si sono realizzate trasformazioni consistenti e generalizzate a livello territoriale ed urbano, che hanno reso quasi irriconoscibili i luoghi della storia, i paesaggi rurali, i centri abitati, le antiche vie di comunicazione; basti pensare al sorgere di numerose strutture produttive e di nuove zone residenziali alla periferia dei centri storici, alla radicale trasformazione dell'organizzazione del territorio, conseguente alla costruzione del canale Biffis e dell'autostrada.
I centri storici cessarono di essere perni della vita comunitaria e delle attività economiche, spopolandosi e cadendo in uno stato di abbandono; la corsa al benessere e la voglia di dimenticare un passato difficile hanno contribuito negli anni Cinquanta a cancellare alcune importanti testimonianze del passato.
In questi ultimi anni, conquistato ormai il benessere economico e sociale, è iniziato un nuovo periodo, di attenzione all'ambiente, di recupero dei centri storici, di valorizzazione del patrimonio storico locale; la gente ristruttura e torna ad abitare le vecchie case, i centri storici si stanno ripopolando; ogni comune lavora per la far rivivere le tradizioni e per recuperare le proprie radici.
Importante ricordare la figura e l'opera di Italo Coser e di Giovanni Libera, due personaggi che ad Ala e ad Avio, in un momento in cui tutto era rivolto al nuovo, hanno posto le basi per la riscoperta del passato. Il maestro Coser, nato nel 1910, è da ricordare soprattutto per la rifondazione negli anni 50 della Biblioteca Civica (primo fondatore ne era stato nel 1873 G.B. Pizzini), riaperta al pubblico nella casa Dalla Laita, assieme ad un piccolo museo; ma anche per aver acquisito da varie famiglie opere antiche e per aver riordinato i manoscritti del Fondo Pizzini, ricchissimi di documentazione storica sulla città di Ala; infine per aver fondato nel 1957 la rivista "I quattro Vicariati". In quest'ultima impresa il Coser si trovò a collaborare con Giovanni Libera, primo sindaco di Avio dopo la guerra, animatore della ricostruzione e della rinascita dell'agricoltura, grande appassionato e ricercatore di storia locale.